La grande foresta dell’Alta Valle Onsernone

La grande foresta dell’Alta Valle Onsernone

Testo di Roberto Buffi pubblicato su Ticino 7 (2009), leggermente modificato

Sotto il Pizzo Ruscada, giù fino alle gole dell’Isorno, delimitata dal confine di Stato e prospiciente gli abitati di Crana, Comologno e Spruga, si estende la grande foresta dell’Onsernone. In quanto riserva forestale vi è escluso ogni intervento. Vive la sua vita da sé e per sé, ed è aperta all’escursionista, che in questi luoghi fra i più appartati trova immagini che solo il bosco non addomesticato e colonizzato offre.

Dove il bosco non è fabbrica di legna e non è macchina ecologica

La Riserva è munita di una ben disposta rete di sentieri con diverso grado di difficoltà. È bene seguirli e non avventurarsi nella foresta. In ogni caso è preclusa la visita invernale. Si parte dagli abitati di Crana, Comologno o Spruga, si scende fino all’Isorno, e da qui, che è la porta d’entrata della riserva, si risale. Al ritorno si riprende questo saliscendi, peraltro non eccessivo. I sentieri ufficiali offrono sicuramente il meglio di una foresta che da decenni e decenni non è più stata oggetto di tagli (ma qui “tutto è il meglio”). Questa la sua e nostra grande fortuna! E ora che è una riserva forestale il principio del non intervento è acquisito e riconosciuto ufficialmente. Liberata dai tagli si auto equilibra ed evolve spontanea verso lo stato naturale. Già oggi ci offre immagini che lasciano intuire la forza, autonomia e bellezza del bosco veramente naturale, realtà pressoché sconosciuta al ticinese. Un intreccio di alberi di diversa età e dimensione, qua e là alberi spezzati o crollati che hanno lasciato il posto a soggetti più giovani in pieno vigore, segno della capacità del bosco di rigenerarsi. Vi sono alberi morti in piedi di grande dimensione, veri palazzi di esseri viventi, e c’è legno morto a terra, indispensabile alla vita della foresta. Tronchi che giacciono da decenni, quasi del tutto tornati terra, altri coperti da erbe e muschi, con tracce di una stupefacente molteplicità di insetti e grossi buchi fatti dal picchio nero. A zone la foresta è fittissima e ombrosa, altrove aperta e luminosa. E soprattutto c’è la presenza di soggetti di grande dimensione, di alberi vecchi. I cicli della natura qui non sono una nozione astratta, in questa foresta pulsa il ritmo eterno della materia. Emblema della Riserva è l’abete bianco, la cui presenza dovrebbe risalire a 8000 anni fa. Altre specie sono il faggio, il larice e l’abete rosso. 

Luce della Natura

Avanzo lentamente e mi fermo spesso. Più vedo, più rallento. La foresta è indicibilmente molteplice, e allo stesso momento unitaria. Tranquillizza l’assenza del mondo moderno (ma il cellulare l’ho con me, non si sa mai), e appaga sapere che qui “con il bosco non si fa niente”. Nessun pensiero che qui c’è qualcosa che non va, che “qualcosa debba essere migliorato”, o come si dice valorizzato. Indici ecologici? Lasciamo stare! Volumi di legname? Pensiero orribile! Sono posti per gli ammiratori della natura, non per gli utilizzatori. Il rispetto della libera evoluzione conferisce a questa foresta una particolare atmosfera dell’essere, non dell’avere. Questo è un mondo arcaicamente corporeo, e spirituale. Vi sono entrambe le realtà, non c’è scissione, e forse per questo è così ri-creativo. La foresta a volte è anche inquietante. Vi sono delle atmosfere e dei silenzi insoliti. Ma per oggi è tempo di lasciare questi luoghi lontani dalle beghe cantonali. Prendo il sentiero che scende verso il fiume, e mi fermo un attimo in uno dei miei luoghi preferiti, una gola circondata da vecchi abeti coperti da licheni, una cascata e un pozzo, rocce gocciolanti, un luogo chiuso privo di visuale, permeato dal suono dell’acqua.  Poi raggiungo l’Isorno e prendo il sentiero che risale a Comologno, e nel sudore già penso alla birra che prenderò al Palazign, l’accogliente ristorante di paese.